Reddito di Cittadinanza, chi ha quest’età perderà l’aiuto economico

Il Governo Meloni ha tutte le intenzioni di cambiare l’orizzonte di applicazione del Reddito di Cittadinanza. E spunta l’ipotesi limite di età. Ecco quindi chi rischia di perdere l’aiuto

reddito cittadinanza
Denaro (foto Pexels)

Sul Reddito di Cittadinanza si è riaperta la discussione e da più parti del Governo arriva chiara l’intenzione di rivedere la misura di sostegno al reddito di chi non trova lavoro o non può lavorare. Dalle dichiarazioni che sono state rilasciate di recente da alcuni esponenti del Governo possiamo intuire che il percorso prevedrà una ristrutturazione della misura.

Quello che sembra certo è che il Reddito non verrà eliminato improvvisamente per tutti perchè anche il Governo attuale riconosce, a partire dalla Presidente del Consiglio Meloni, che è una misura che ha una sua utilità ma che è stata garantita a troppi cittadini che potenzialmente, invece, potrebbero lavorare. Ecco allora a chi potrebbe venire tolta la possibilità di chiederlo e quindi di goderne.

Reddito di Cittadinanza, chi non lo potrà più chiedere?

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Denaro (foto Pexels)

Fratelli D’Italia ne ha fatto anche un punto ripetuto più volte in campagna elettorale e nelle varie occasioni che si sono finora presentate. Durigon, sottosegretario all’Economia, ha per esempio commentato che non può essere un sostegno da dare per tutta la vita a tutti e ha anzi delineato un percorso per legare il Reddito al lavoro in senso più stretto.

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A queste dichiarazioni si aggiungono ora quelle di Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario alla Presidenza. Fazzolari lancia così una nuova ipotesi riguardo il requisito dell’età per il Reddito. La misura di sostegno dovrebbe essere mantenuta per chi si trova in condizione di non poter lavorare ma per chi si trova con un’età compresa tra 18 e 59 anni, questa l’ipotesi di Fazzolari, e non ha figli minori a carico il sostegno potrebbe essere eliminato.

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Il Sottosegretario che ha parlato a Porta a Porta aggiunge anche che la revoca non sarebbe immediata nè repentina ma che si potrebbe comunque pensare a un periodo simile a quello della Naspi prima della riforma, ovvero a sei mesi. La misura, sottolinea sempre Fazzolatri, rimarrebbe invece per chi non può nei fatti lavorare, per chi ha figli minori a carico e non può garantire una vita dignitosa, chi si trova in uno stato di oggettiva difficoltà.

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