L’idea della bellezza unica non esiste ma noi possiamo imparare a valorizzare quello che ci piace di noi stessi
Umberto Eco nel suo scritto ‘storia della bellezza‘, introduce un concetto fondamentale: ”Sembra che[…]ciò che è bello sia uguale a ciò che è buono, e infatti in diverse epoche storiche si è posto uno stretto legame tra il Bello e il Buono.” In ogni epoca storica si è cercato di cercare nel concetto della bellezza una traduzione pratica, prendendo in esempio la struttura del corpo, non un corpo qualsiasi ma quello della donna. Le proporzioni, le misure dell’altezza e della larghezza avrebbero dovuto rispettare dei canoni.
La contemporaneità ha radici storiche molto profonde in un concetto sbagliato del passato, in cui la bellezza per essere tale, deve rifarsi a un modello ben preciso da seguire. A insegnarcelo è lo strato di società dal pensiero misero che brulica in talk show demenziali, in campagne pubblicitarie inadeguate e che in qualche modo riescono ad agitare e influenzare il pensiero di massa che inevitabilmente ci fa sentire tutti e tutte inadeguati. Il concetto di bellezza, dunque, non può essere delimitato dal corpo.
Il canone di bellezza del corpo, negli anni, è stato soggetto a molti cambiamenti: nell’Antico Egitto veniva valorizzato il corpo esile, le spalle strette e con la vita alta. Nell’antica Grecia in modo particolare del corpo delle donne avevano valore maggiore la morbidezza, le forme sinuose dai fianchi larghi. Negli ultimi anni il corpo della donna è passato da voler essere di nuovo la rappresentazione di un modello canonico, dalla pancia piatta, dal seno e dai fianchi prosperosi e i volti luminosi, ma fortunatamente tende anche a valorizzare tutti i tipi di forme e tipologie di corpo.
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Bisogna sempre valorizzare ciò che a noi piace e non un’ideale di bellezza che ci viene imposta. I fianchi stretti o larghi che siano mostriamoli, indossando pantaloni a vita alta cinture in vita, un top, una camicia, o una blusa. Bisogna provare a riconoscere la differenza tra bellezza ed estetica, e separare quello che sentiamo da quello che ‘dobbiamo’ essere.